sabato 14 maggio 2016

Ludwig Van Beethoven: Rondò in C, op. 51/1

Ludwig Van Beethoven (Bonn 1770 – Vienna 1827) fu un grandissimo compositore d’origine tedesca. Iniziò la sua vera educazione musicale, filosofica e letteraria sotto la guida di Christian Gottlob Neefe, seguace dello stile sentimentale, espressivo, “parlante” di Ph. E. Bach (Ascolta: Concertos for Transverse Flute). Già prima dell’‘800, in effetti, Beethoven riverserà nelle sue prime composizioni il tentativo di fare del pianoforte uno strumento cantante. Studiò con il suo mentore il “Clavicembalo ben temperato” e il Versuch del già citato Ph. Emanuel Bach. Vienna, città dalle multiformi intelligenze musicali e sede dei migliori artisti dell’epoca, accolse Beethoven, aspirante all’eredità di Mozart, per molti anni e restò la sua residenza sino alla morte. La sua bravura come pianista e soprattutto la sua fama di grande improvvisatore fecero presto ad aprirgli le porte della nobiltà viennese. Il ventennio compreso tra il 1795, anno del primo concerto pubblico, e il 1815, quando dovette sospendere ogni attività di pianista e direttore a causa della perdita totale dell’udito, fu per Beethoven il periodo di maggior fortuna, mondana ed economica. Fu tuttavia nel corso degli stessi anni che la sordità cominciò a tormentarlo fino alla completa atrofia del nervo acustico. Terribili le crisi che ne derivavano, superate a fatica da un incrollabile e coraggioso ottimismo e da un ideale amore nei confronti dell’umanità, pur costantemente messi alla prova dai suoi difficili rapporti sociali. In particolare con le donne (ricordiamo la celebre “amata immortale” di una lettera del 1812, mai identificata), non riuscì mai a concretizzare le sue accese passioni in vincoli familiari, nella cui sacralità pure nutriva una fede assoluta.

L’opera di Beethoven fu catalogata da Georg Kinsky e Hans Halm e comprende 138 composizioni con numero d’opera cui se ne aggiungono oltre 205 senza numero di catalogazione (WoO, “Werke onhe Opuszhal”: pezzi brevi per pianoforte, elaborazioni di melodie popolari, invenzioni per musica da camera, brevi appunti). Beethoven nacque pianista e in gioventù, sino almeno al 1795, scrisse solo per strumenti a tastiera. Un periodo centrale (1800-1815) lo vedrà orientato al genere sinfonico e concertante. Volendo riassumere in fasi lo stile e l’opera  di Beethoven, possiamo individuare una prima fase in cui egli pare decisamente legato a Mozart e soprattutto ad Haydn in termini stilistici (Ascolta: Piano sonata in F minor), in una sorta di “manierismo” fondato su vere e proprie citazioni, alla luce delle quali i primi spunti personali appaiono imprevisti e innovativi.
Nella seconda fase compaiono repentinamente i primi colori aggressivi, patetici e di contrasto che anticipano un vero e proprio romanticismo musicale alla maniera di Weber, Liszt, Schumann, Chopin e persino Brahms (Ascolta: Sinfonia n.5). La terza fase è quasi atemporale, visionaria, metafisica, dualistica: da un lato l’equilibrio, la simmetria e la chiarezza classici, dall’altro l’energia dirompente e spesso tragica degli opposti (Ascolta: Sonata op.27 n.2Rubinstein VersionHorowitz Version).
Tra le opere giovanili, scritte dunque prima dell’ ‘800, si inserisce il Rondò in Do maggiore op. 51/1 (Ascolta: Artur Schnabel esegue Rondò op.51/1). Esso fu pubblicato nel 1797 da Artaria, a Vienna, dove Beethoven aveva stabilito la propria residenza negli anni che seguirono la “Kreutzer Sonata”(Guarda: Kreutzer Sonata- Anne Sophie Mutter, Lambert Orkis Zohari) e la grande “Romanza” per violino (Ascolta: Uto Ughi esegue Romanza per violino.) E’ probabile che il Rondò sia stato composto qualche tempo prima: mostra in effetti ben poco della profondità delle opere citate, seppure compensi tale mancanza con una certa freschezza, vigore giovanile, ingenua allegria, ed esemplifichi con assoluta perfezione i tre principi fondamentali di tutte le arti: unità, varietà e simmetria (o equilibrio). La forma rondò (ABACA) e la forma canzone si sovrappongono così frequentemente da rendere a volte difficile, anche allo stesso compositore, distinguerle con precisione. E’ il caso di questo Rondò. Mentre il primo tema principale ricorre con frequenza sufficiente a giustificare la dizione di Rondò, tutti gli altri temi hanno carattere proprio e sono raggruppati o collocati in un modo che giustifica la forma canzone. Abbiamo dunque un tema principale in Do maggiore (per 17 misure) e una parte modulante di 7 misure e mezza che fanno da ponte verso il tema laterale sulla dominante (Sol maggiore). Sul terzo tempo della misure 34 inizia la preparazione, detta ritorno, poi il reingresso del primo tema principale da misura 43 che a 51 chiude e completa. Sul terzo movimento di questa misura si apre una nuova parte che contiene due temi: il primo, che chiameremo il secondo tema principale, è in Do minore e il secondo è nella relativa Mi bemolle maggiore. Ciascuno dei temi riempie 8 misure, dopo di che il tema in Do minore ritorna e completa. Abbiamo dunque due entità musicali complete. Se non fosse per l’unità organica di tutto il pezzo e per la parte di collegamento che ha inizio alla battuta 72, esse potrebbero essere eseguite come due pezzi separati e ognuno sarebbe di per sé compiuto. Segue poi un ritorno – questo ponte, appunto – che porta ad una ripresa della prima parte che riapre a misura 91, ma omette la ricorrenza del tema laterale e mette al suo posto una cadenza come coda che conclude il pezzo con un ultimo ricordo del tema principale (alla misura 131, mano sinistra).      
                                               
Tecnicamente, il pezzo non si presenta particolarmente complesso. Il primo tema principale richiede un tocco premuto e attaccato al tasto per rendere la melodia. La robustezza del tocco necessaria al secondo tema principale va evidenziata, oltre che sul piano dinamico, anche tramite un tocco pieno e corposo piacevolmente contrastato da uno cantabile e ben poggiato per il secondo tema laterale.


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